Chi coltiva le Phalaenopsis o altre orchidee tropicali, a volte si ritrova davanti a una sorpresa: dallo stelo fiorale non nasce un bocciolo, ma un piccolo germoglio con foglioline e, a volte, radici sottili.
È quello che i coltivatori chiamano keiki, parola hawaiana che significa “bambino”. E in effetti il paragone è perfetto, perché il keiki è a tutti gli effetti una “figlia” della pianta madre, capace di crescere in autonomia e diventare, con il tempo, una nuova orchidea.
Non è un fenomeno raro, soprattutto in questo periodo dell’anno in cui le piante, uscite dalla fioritura, trovano energia sufficiente per tentare una forma di riproduzione vegetativa. Ma capire come gestirlo è fondamentale per non compromettere né la salute della pianta madre né la crescita del nuovo germoglio.
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Come riconoscere un keiki da un nuovo stelo
Molti coltivatori inesperti confondono i keiki con un nuovo stelo fiorale. La differenza sta nel dettaglio. Un keiki produce da subito piccole foglioline appiattite e, col tempo, radici aeree che sembrano fili sottili e argentati. Uno stelo, invece, appare come una punta liscia, appuntita e verde brillante, senza foglie, che si allunga dritto alla ricerca della luce.
Un’altra caratteristica è la posizione: spesso i keiki compaiono sul vecchio stelo fiorale, proprio all’altezza di un nodo dormiente. In alcuni casi, però, possono formarsi anche alla base della pianta, vicino al colletto radicale.
Cosa fare quando compare un keiki
La prima regola è non avere fretta. Un keiki appena nato non va staccato subito: ha bisogno di tempo per svilupparsi e per accumulare riserve. Bisogna lasciarlo crescere finché non ha almeno 3 foglioline ben sviluppate e radici lunghe 4-5 centimetri. Solo in quel momento può affrontare la separazione dalla pianta madre senza rischiare di seccarsi.
Se invece si taglia troppo presto, si rischia di perdere sia il keiki che danneggiare la pianta madre. Per questo molti coltivatori preferiscono lasciarlo attaccato anche per diversi mesi, finché non appare vigoroso e indipendente.
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Tagliare o tenere il keiki?
Qui entra in gioco la scelta personale del coltivatore. Se l’obiettivo è avere una nuova pianta, si può procedere al distacco. Il taglio va fatto con forbici sterili e ben affilate, recidendo il keiki insieme a una porzione di stelo madre. Subito dopo, la base del taglio può essere spolverata con un po’ di cannella in polvere, che ha un’azione cicatrizzante naturale.
Il keiki va poi piantato in un vasetto trasparente con corteccia fine e mantenuto in un ambiente caldo e umido, ma non troppo bagnato, per stimolare lo sviluppo radicale. In poche settimane inizierà a stabilizzarsi nel suo nuovo contenitore.
Se invece si preferisce non rischiare, si può lasciare il keiki sulla pianta madre, che continuerà a nutrirlo. In questo modo, l’orchidea diventa un vero cespuglio, con più rosette di foglie che convivono nello stesso vaso. È una scelta che non porta a un “nuovo individuo”, ma mantiene l’effetto ornamentale e rende la pianta più imponente.
Quando non conviene tenerlo
Non sempre, però, la comparsa di keiki è un segnale positivo. In alcuni casi, la pianta madre produce keiki come “strategia di sopravvivenza”, cioè perché è in sofferenza. Se le foglie della pianta principale sono gialle, molli o rovinate, vuol dire che sta cercando di trasmettere la sua eredità prima di deperire.
In questi casi, conviene lasciare il keiki crescere il più a lungo possibile e solo dopo salvarlo con un rinvaso, perché potrebbe essere l’unico modo per non perdere del tutto la pianta.