Quando ami un’ortensia e vorresti vederne altre identiche nel giardino, la strada più semplice è prendere un rametto e trasformarlo in una nuova pianta.
È un gesto antico, quasi domestico, ma funziona soltanto se rispetti il ritmo della pianta e qualche dettaglio tecnico. Immagina la scena in una mattina calma: l’arbusto madre è ben idratato, le foglie sono turgide, l’aria è fresca.
Tagli il rametto di ortensia giusto, lo prepari con cura, lo sistemi nel substrato al riparo dal sole diretto e poi lasci che l’umidità faccia la sua parte. Da quel momento non si tratta di fortuna, ma di metodo.
COSA SCOPRIRAI
Scegliere il rametto giusto
La talea di ortensia attecchisce meglio quando il tessuto è semi-legnoso: né tenero come a inizio estate, né duro come a fine inverno. In Italia, da fine agosto a ottobre trovi i tratti perfetti. Avvicinati alla pianta madre e cerca un getto dell’anno, sano, senza segni di malattia e soprattutto senza infiorescenze: i fiori sottraggono energia alla formazione delle radici.
Il tratto ideale è lungo 12–15 cm, con due o tre nodi ben distanziati e foglie mature ma non enormi. Se vivi al nord e sei già a metà ottobre, lavora al mattino, così la talea parte fresca, e programma fin da subito una protezione leggera dal freddo.
Lama pulita, obliquità e foglie accorciate
La pulizia degli attrezzi non è un capriccio: una lama disinfettata evita infezioni che fanno marcire la base. Esegui il taglio principale appena sotto un nodo, con un’inclinazione lieve per aumentare la superficie d’assorbimento. Elimina le foglie inferiori lasciando nuda la parte che andrà nel terriccio e accorcia a metà quelle superiori: riduci la traspirazione, la talea perde meno acqua e concentra gli sforzi sulla radicazione.
Se hai a disposizione un ormone radicante in polvere, sfiora la base bagnata del rametto e scuoti l’eccesso: non è indispensabile, ma accorcia i tempi e uniforma la risposta, soprattutto con Hydrangea macrophylla; le paniculata e le arborescens di solito partono bene anche senza.
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Il terreno per far nascere le radici
Le radici nuove nascono dove c’è ossigeno e umidità costante, non nel fango. Prepara un substrato drenante con metà perlite o agriperlite e metà torba bionda o fibra di cocco ben reidratata. Il pH può stare in zona sub-acida (circa 5,5–6,5), così la base non si incolla e i tessuti respirano. Riempi un vasetto alto con fori generosi, compatta leggermente e pratica un foro con una bacchetta per non strappare la polpa alla base del rametto. Inserisci la talea con un nodo interrato e uno fuori, pressa con due dita intorno e irriga con acqua a temperatura ambiente finché vedi uscire le prime gocce dal fondo. Il vaso non deve pesare troppo: se sommerge, stai esagerando con l’acqua.
Creare il microclima
Una talea non ha radici per bere: finché non le sviluppa, beve dalle foglie. Per questo serve umidità alta e luce morbida. Colloca il vasetto in un punto luminoso ma senza sole diretto, vicino a una finestra esposta a est o nord-est, e costruisci una piccola “serra fredda” con una busta trasparente o una campana appoggiata su due stecche, in modo che la plastica non tocchi le foglie.
Apri ogni giorno per pochi minuti: l’aria si rinnova, la condensa scende, i funghi non trovano casa. Mantieni la temperatura tra 18 e 22 °C; a metà ottobre di solito ci stai naturalmente, ma se di notte scendi troppo, sposta la talea in un punto più interno e lontano da correnti.
La routine delle prime tre settimane
Il substrato deve restare umido come una spugna strizzata, mai fradicio. Passa un dito: se i primi centimetri sembrano asciutti e il vasetto è leggero, aggiungi poca acqua lungo il bordo, così la base non si allaga. Se vedi condensa eccessiva sotto la campana, arieggia più a lungo. Dopo 7–10 giorni la parte interrata comincia a cicatrizzare e forma un callo; in altre 10–15 giornate iniziano i primi capillari radicali.
Un segnale inequivocabile è la foglia apicale che raddrizza il picciolo e riprende turgore: significa che la talea ha iniziato a bere da sola. In quel momento riduci gradualmente la copertura, sollevando la plastica per qualche ora al giorno, finché potrai eliminarla del tutto senza che le foglie si affloscino.
Non tirare mai la talea per controllare: rovineresti proprio ciò che sta nascendo. Appoggia due dita sul colletto e prova un micromovimento laterale: se senti una resistenza elastica, ci sono radici. A questo punto, a distanza di circa 4 settimane dal prelievo del rametto, puoi somministrare un’acqua leggermente nutrita, con un concime liquido bilanciato ma diluito a un quarto della dose.
Il primo nutrimento serve a sostenere il tessuto giovane senza bruciarlo. Mantieni la luce diffusa e continua con irrigazioni misurate: alterna una bagnatura “completa” a una vaporizzazione fine del substrato, sempre al mattino, così eventuale umidità in eccesso si disperde durante il giorno.
Quando vedi crescita nuova sopra e senti il panetto più compatto al tatto, è tempo di spostare la giovane ortensia in un vaso di un numero in più. Non avere fretta di andare grande: un vaso appena più ampio scalda e asciuga meglio, evitando ristagni. Prepara un terriccio morbido e ricco ma ancora arieggiato, per metà terriccio per acidofile e per metà materiale drenante (perlite o pomice fine).
A metà ottobre, soprattutto al nord, tieni la pianta in un ambiente luminoso e riparato: veranda luminosa, portico chiuso o davanzale interno molto chiaro. Le giovani radici temono i ristagni freddi più del freddo in sé. Si supera l’inverno con irrigazioni minime, solo quando i primi centimetri asciugano, e tanta luce. In primavera la vedrai ripartire con foglie più grandi e piccioli sicuri.
Se le foglie collassano sotto la campana, non aumentare l’acqua: hai bisogno di più aria. Apri più spesso, asciuga la condensa e controlla che la plastica non tocchi la lamina. Se compare muffa sulla superficie, raschia il velo con un cucchiaino, aggiungi un velo di perlite pulita e riduci l’umidità ambientale allentando la copertura.
Se la base annerisce, è marciume: rifai il taglio mezzo centimetro più su, ripulisci, spolvera con cannella o un lieve rameico, cambia vasetto e substrato fresco; riparti con irrigazioni ancora più sobrie. Se, al contrario, le foglie si induriscono e si arricciano, stai asciugando troppo: aumenta di poco la frequenza, ma sempre senza creare pantani.
Dalla talea alla pianta
Con il passare dei mesi la piccola ortensia prende carattere. La regola è semplice: luce abbondante ma mai sole pungente sulle foglie giovani, acqua profonda ma rara, vaso proporzionato. La prima vera potatura si rimanda all’anno successivo, quando il cespuglio avrà emissioni nuove su cui impostare la forma.
Se la tua varietà è una macrophylla, ricorda che fiorisce sulle gemme dell’anno precedente: non tagliare corto in primavera o perderai i primi fiori. Una paniculata, invece, fiorisce sui rami dell’anno e perdona di più. In ogni caso, la tua pianta nata da rametto sarà geneticamente identica alla madre, e con il primo giugno capirai che l’attesa è valsa: l’infiorescenza si aprirà di quel colore che avevi scelto, perché lo avevi già visto in partenza.