Quando in casa ci sono tante piante e poco tempo a disposizione, il momento dell’innaffiatura non è sempre facile da gestire: ogni pianta ha le sue esigenze, bisogna capire quanta acqua dare, e poi ci sono i sottovasi da svuotare, l’attenzione a non bagnare il pavimento e a quell’acqua che resta lì troppo a lungo, creando ristagni che non fanno certo bene alle radici.
Con l’arrivo dei mesi più freddi, le temperature più basse rallentano l’evaporazione e basta poco perché una foglia bagnata cominci a rovinarsi o il terriccio inizi a sviluppare muffe.
È proprio in questo periodo che la mia soluzione preferita per innaffiare le piante da interno è il metodo per immersione, che mi permette di velocizzare il tempo dell’innaffiatura, lasciando libere le piante di assorbire solo l’acqua di cui hanno bisogno, evitando così ristagni e sprechi: in una ventina di minuti riesco a gestire anche dieci vasi senza sporcare nulla e senza l’ansia di aver esagerato.
COSA SCOPRIRAI
Come funziona
La tecnica dell’innaffiatura per immersione è semplice, ma va fatta con attenzione. Io di solito riempio una bacinella con qualche centimetro d’acqua a temperatura ambiente, ci immergo i vasetti, facendo in modo che l’acqua non superi il bordo superiore, e li lascio lì per circa 20-30 minuti. Il terreno, asciutto o secco che sia, comincia ad assorbire l’acqua dai fori di drenaggio sul fondo del vaso. Se non hai a disposizione una bacinella libera, puoi anche lasciare in immersione le piante in una delle vasche del lavandino, assicurandoti però che sia ben pulita e senza tracce o residui di detersivi.
Trascorso il tempo prestabilito, tasto il terreno per valutare se è abbastanza umido, e poi faccio sgocciolare bene ogni vaso prima di rimetterlo al suo posto. In questo modo non devo più svuotare i sottovasi e, soprattutto, non rischio che resti acqua stagnante che può far marcire le radici o far comparire fastidiosi moscerini.
Le piante che amano questo metodo e quelle che lo evitano
Non tutte le piante reagiscono allo stesso modo quando le innaffiamo, ma ci sono molte da interno che beneficiano davvero dell’irrigazione per immersione. Soprattutto in questo periodo, sto usando questo metodo con ottimi risultati su piante come il pothos, le stelle di Natale (specialmente quelle più piccole, che hanno bisogno di umidità ma odiano il ristagno), e anche su piante più eleganti e sensibili come il giglio.
Questa tecnica, in sostanza, funziona bene con tutte quelle piante che preferiscono un’umidità uniforme nel terreno, ma che non tollerano l’acqua sulle foglie o intorno al colletto. Con l’immersione si evita proprio questo rischio: nessuna foglia si bagna, non resta acqua in superficie e il terreno si idrata nel modo giusto.
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Attenzione però a non usarlo con piante che temono troppo l’umidità o che richiedono un’asciugatura veloce tra un’annaffiatura e l’altra, come le succulente o alcune varietà di cactus. Per loro è sempre meglio innaffiare con cautela dall’alto e solo quando il terriccio è completamente asciutto.
Consigli pratici per non sbagliare
Per evitare errori, io seguo alcune regole semplici. Prima di tutto controllo che il vaso abbia i fori di drenaggio, poiché senza quelli il metodo per immersione non funzionerebbe; inoltre, faccio attenzione a non prolungare troppo il tempo di immersione, perché il terreno può saturarsi e restare bagnato troppo a lungo, cosa che aumenta il rischio di muffe o marciumi.
Un altro trucco che uso spesso è quello di toccare il terriccio prima e dopo l’immersione: se all’inizio è compatto e asciutto, e poi diventa morbido e fresco dopo l’immersione, allora vuol dire che la pianta ha assorbito bene; se invece è ancora piuttosto asciutto, posso lasciarlo qualche minuto in più, ma senza esagerare.
Durante l’autunno e l’inverno, quando le piante crescono meno e il sole scarseggia, cerca però di distanziare correttamente le innaffiature, poiché è sempre importante adattarsi al ritmo e alle esigenze delle piante e non innaffiare per abitudine.
